La storia della Porchetta – Ad Ariccia

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La storia della Porchetta – Ad Ariccia

 

Qualche cenno di storia, in correlazione alla diffusione di questa celebre pietanza va fatto.

 

Bene, rispetto a quello che potrebbe rappresentare un semplice suino svuotato, disossato, condito all’interno con sale , pepe, erbe aromatiche, infilzato da un bastone, cotto al forno e venduto nelle vecchie carrozzelle, i banchi del “mac donald ante litteram” ovvero le bancarelle ambulanti dove veniva venduta la  porchetta

Puo un semplice maiale svuotato rappresentare un cibo cult?

Certo a dispetto della semplicità con la quale viene preparato, il suo successo in Italia e nel mondo lo ha dimostrato. Questo strano maiale disossato dal suo interno, con una speciale tecnica, la cui paternità è oggetto di discussioni di paese, a volte anche folkloristiche.

E’ la porchetta, un piatto originario del Lazio, ormai apprezzato in tutto il mondo.

Sembra anche che già nel periodo romano, l’imperatore di turno prediligesse questa pietanza e ne facesse grande uso nei suoi sontuosi banchetti. Se si tiene in considerazione il valore iconografico, e storico la porchetta ha avuto dei natali illustri. Sono state ritrovate delle statue infatti che raffiguravano divinita assise revanti nel palmo della mano un maialino.

Quindi natali illustri, e anche letterari se consideriamo  la letteratura, quella popolana e popolare. “…La porca co un bosco de rosmarino in de la panza”, così scrisse Carlo Emilio Gadda in “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”

La preparazione di questo prodotto costituisce quindi l’eredità di una cultura millenaria, probabilmente nativa in epoche pre romane, di cui rimane depositaria l’area di Ariccia, ed il suo “nemus Aricinum”  nei Castelli Romani.

Quindi se la tradizione risale agli Etruschi, e riprende nella grande letteratura enogastronomica del ‘400 e del ‘500. Nel 1802 il tedesco Johann Gottfried Seume, autore del libro “L’Italia a piedi”, passando per Ariccia, manifestò il proprio disappunto per il principe Chigi, reo di aver fatto abbattere le querce secolari del suo parco per far pascolare meglio i porci bradi, progenitori delle famose porchette.

L’era di internet ha amplificato e fatto da cassa di risonanza per la diffusione conoscenza di questa celebre pietanza, rivestita dal suo croccante manto color caramellato, che sublimi sensazioni scatena appena lo si assapora tra le mandibole,

La porchetta affermatasi ad Ariccia che da poco tempo ha conseguito il titolo I.G.P.

La storia  ad Ariccia

Nella storia di questa celebre portata la tradizione è stata tenuta a battesimo dalle vecchie generazioni di storici produttori

Molte sono ancora “le famiglie storiche” di origini romane e laziali, e dei comuni limitrofi, che da decenni  lavoravano con sistemi tradizionali, tramandandosi ritualmente, di padre in figlio questa specialissima  arte. Per farla l’artigiano, detto “O Porchettaro”  sceglie un suino di meno di un anno, esclusivamente di sesso femminile, dal peso di 70-80 chilogrammi massimo, facendolo nel tradizionale momento rituale della “Verga” .Questa tradizione prendeva nome dalla verga metallina con impresse le iniziali del “porchettaro” il quale “vergava” il capo che veniva condotto al macello vivo, insieme alle altre decine  di maiali, e passava attraverso un corridoio, dove era appostato il “porchettaro” che valutando la qualità e la grassezza del maiale, a vista, lesto “vergava”  con un colpo di verga, il maiale scelto e si assicurava la proprietà proprio come in una asta ancestrale.

Una volta  macellato il maiale nel vecchio mattatoio, di Ariccia, – e qui apriamo una parentesi, che doveva essere adibito al “Museo della Porchetta” i cui finanziamenti erano stati portati dalla amministrazione Frappelli- poi divenuto “Casa delle Associazioni” veniva condotto il capo suino completamente dissanguato. Poi attraverso un sistema di carrucole  l’animale viene immerso  nella centrale vasca contenente dell’acqua bollente, il processo facilitava la caduta dell’ispido pelo, e consentiva poi attraverso dei coltelli affilatissimi di “rasare” il suino.

Il capo appena era stato depilato veniva appeso capovolto, e preparato per essere trasportato nel laboratorio per il disossamento e i successivi preparativi.

 

Nel prossimo capitolo illustreremo i passaggi successivi…..