Il porceddu Sardo – Sardinian suckling pig

Porceddu SARDO

IL PORCEDDU SARDO

Proseguiamo questa serie di articoli per raccontare la porchetta nel mondo e dare un tocco di storia al succulento prodotto.

L’antica preparazione ha subito nel corso dei secoli piccole modifiche. Vi raccontiamo la storia della venerazione per il maialino da latte e vi spieghiamo come viene preparato nella sua terra natia la Sardegna.

Il culto del Porceddu Sardo

In Sardegna tutto un culto ruota attorno al Porceddu Sardo.
Questa antica tradizione va oltre la semplice esecuzione di una ricetta. Per intenderci, il maiale allo spiedo non è solo quello che finisce nel piatto dopo la cottura. È un momento di festa e di aggregazione che inizia con la preparazione stessa.
Questo perché ai vecchi tempi, una volta avuto un maialino da latte, si lavorava tutti insieme per pulirlo e cucinarlo.
La sua cottura veniva sorvegliata a turno portando un bicchiere di buon vino sardo o birra a chi custodiva la griglia.Sicuramente una scusa perfetta per bere in buona compagnia.
L’antica ricetta
Innanzitutto, per seguire la ricetta del Porceddu Sardo, era necessario procurarsi un maialino il cui peso non superasse i 6 kg.
Il maialino è stato privato del pelo e aperto in due  quindi legato per essere posto a testa in giù in modo che il sangue potesse defluire.
Nell’antica ricetta il sangue era un ingrediente essenziale!
Infatti, questo liquido rosso è stato accuratamente raccolto e spazzolato su tutta la superficie esterna del maiale.
Sembra un po’ raccapricciante, ma questo passaggio aveva una funzione speciale.
Una volta messo allo spiedo per cuocere, il sangue creava uno strato deliziosamente croccante sulla pelle del maiale.
In contrasto con la carne morbida e succulenta.
Certo, ora è impensabile usare il sangue nella preparazione.
Ecco quindi come cucinare la ricetta originale del Porceddu Sardo alla moda di oggi:
L’arrosto è uno dei metodi di cottura della carne più diffusi in Sardegna, e su porcheddu, un maialino da latte arrosto, è un piatto locale molto popolare, spesso preparato per le feste o altre occasioni speciali. Il maiale deve avere appena 40 giorni circa per garantire che la carne sia giovane e tenera.
Prima della cottura in forno, si pelano con acqua bollente e si insaporisce la carne con olio d’oliva, sale, pepe e finocchio. Il modo più tradizionale di arrostire il maiale prevede un braciere pieno di braci. Il maiale viene avvolto in foglie di mirto, poi deposto nella fossa e cotto lentamente a lungo.
Il secondo metodo è arrostire il maiale allo spiedo: è un metodo molto più veloce e la carne preparata allo spiedo è molto più croccante. Il succoso e appetitoso su porcheddu è servito al meglio con qualche fetta di pane e accompagnato da un bicchiere di robusto vino rosso Cannonau.
Le origini di questo pregiato piatto non sono ancora storicamente acclarate; secondo la versione attualmente più accreditata, i sardi avrebbero appreso l’arte di cuocere il maialino da latte allo spiedo dai dominatori spagnoli, arrivati sull’isola tra i secoli VIX e XVIII. L’ingrediente di base, però, è tipicamente sardo: già nel 5000 a. C. si segnalavano allevamenti di suini sul territorio della Sardegna e i maiali locali erano molto apprezzati nell’Antica Roma.
Per molto tempo, il porceddu è stato un piatto alla portata di pochi, e spesso destinato al consumo nelle famiglie abbienti, durante il periodo di quaresima o in altre occasioni speciali, e quindi la sua preparazione era motivo di festeggiamenti familiari. Con l’avvento dei tempi moderni e con l’innalzarsi generale del tenore di vita nell’isola anche grazie al turismo, è diventato un piatto diffuso anche nei ristoranti, dove viene servito con particolari rituali, ed e’ entrato con forza tra gli alimenti Sardi piu’ famosi.